Onorevoli Colleghi! - Nel mondo del lavoro che si trasforma con ritmi straordinari l'organizzazione delle professioni e dei servizi professionali non può più essere retta da regole della prima metà del novecento. La «professionalità» o il «professionalismo» costituiscono ormai un vero «marchio» dell'epoca contemporanea, che si sposa con le esigenze di libertà e di qualità, alla base dei progetti di successo di molti individui, e in specie dei giovani, e con gli obiettivi di crescita competitiva dell'Europa, tracciati dall'Agenda di Lisbona dell'Unione europea.
      Anche i dati stanno a confermarlo, se solo si pensa che le professioni intellettuali tradizionali e le nuove professioni emergenti costituiscono insieme circa il 20 per cento del mercato del lavoro in Italia (4 milioni di addetti) e quasi altrettanto in termini di prodotto interno lordo (PIL).
      Nella «società della conoscenza» è essenziale una riforma delle professioni intellettuali per la modernizzazione e la maggiore equità e competitività dell'Italia nell'economia globale.
      I principali fattori di trasformazione delle professioni sono quattro. Il primo è costituito dalla globalizzazione dei saperi e dei mercati, che implica la necessità di privilegiare i lavori skill intensive e lo scambio di conoscenze attraverso la Rete, e che determina anche un'accentuata trasformazione delle tecnologie e delle lingue usate e un più ampio accesso alle informazioni e ai loro impieghi nonché una differente organizzazione del lavoro (società e reti interdisciplinari dei saperi).

 

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      Il secondo fattore è costituito dai consolidati processi di outsourcing praticati dalle aziende con cui si scorporano servizi rilevanti, prima interni all'organizzazione aziendale e ora invece affidati a servizi professionali esterni.
      Il terzo fattore è costituito dal mutamento dei modelli di consumo delle famiglie: mentre nei decenni passati si spendeva di più per l'acquisto di beni, ora il rapporto è invertito e oltre il 60 per cento della spesa familiare è orientato sui servizi alla persona. Una gran parte di questi viene soddisfatta tramite prestazioni professionali che incrementano lo sviluppo di nuove professioni (assistenza, medicina, fitness, consulenze, corsi di lingua, servizi informatici, turistici, di sicurezza, eccetera).
      Il quarto fattore di mutamento dell'assetto tradizionale delle professioni è determinato dalla crescente autonomia dei progetti formativi delle università, dai processi di armonizzazione dei mercati e dalla necessità di favorire la libera circolazione in Europa.
      La proliferazione delle lauree triennali «europee», in particolare, rompe lo schema binario «una laurea, una carriera», consentendo di accedere a più professioni, secondo il principio degli «albi in concorrenza».
      Dal disegno di legge del primo Governo Prodi del 3 luglio 1998 alla successiva Commissione Mirone, dall'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1997 al disegno di legge dell'allora Ministro della giustizia Fassino (atto Camera n. 7452, XIII legislatura) al termine della XIII legislatura, ai dossier del Commissario europeo Monti fino ai tentativi di riforma della XIV legislatura, noti come «bozze Vietti», molti temi sono stati discussi ed è cresciuta la condivisione della necessità di una riforma moderna delle professioni che dia slancio competitivo e maggiore equità a un settore decisivo nell'economia e nella società della conoscenza.
      Ordini professionali riformati, riconoscimento delle nuove professioni, crescita delle società professionali e interprofessionali, più attenzione per i giovani, concorrenza, qualità, formazione, etica: sono ormai questi i punti condivisi nel corso di una lunga e intensa istruttoria.
      D'altronde è noto che il nostro Paese ha una grande tradizione nelle professioni intellettuali e tuttora dispone di buoni, spesso eccellenti, professionisti, noti e apprezzati in Italia e nel mondo.
      Pur tuttavia da decenni, nel campo dei servizi professionali ad alto valore aggiunto, il nostro Paese è diventato territorio di conquista da parte di società di consulenza e di grandi studi professionali in forma societaria. Il deficit della bilancia commerciale dei servizi professionali nel 2003 era giunto a meno di 3,7 miliardi di euro, e ciò è conseguenza della difficoltà delle professioni italiane rispetto alla più attrezzata concorrenza internazionale.
      In questo quadro, più volte l'Unione europea è intervenuta per sottolineare che i servizi professionali svolgono un ruolo importante ai fini del miglioramento della competitività dell'economia europea e hanno rilevanza immediata per i consumatori.
      Attualmente, i provvedimenti più importanti, destinati ad incidere significativamente anche sulle normative nazionali, sono la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2005, relativa al «riconoscimento delle qualifiche professionali», e la proposta di direttiva sulla «libera circolazione dei servizi nel mercato unico dell'Unione europea», la cosiddetta «Bolkestein», di recente votata con modifiche.
      L'Unione europea richiede più circolazione e libertà nei mercati dei servizi professionali, nel rispetto della qualità. L'Italia dovrà adeguarsi al più presto a questi princìpi.
      Per ragioni economiche, per rispettare le direttive europee e le indicazioni dell'Antitrust, la riforma è imprescindibile. L'obiettivo non è abolire gli Ordini professionali, ma rinnovarli profondamente, e riconoscere le nuove professioni e le loro associazioni, sulla base del cosiddetto «sistema duale».
      In coerenza con tale impostazione, ritengo che sia giusto limitare l'ambito delle professioni regolamentate a quelle per le
 

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quali l'ordinamento prefigura attività soggette a riserva esclusiva e per le quali è previsto l'esame di Stato, propedeutico all'iscrizione ad Ordini o collegi professionali, promuovendo nel tempo l'unificazione delle figure professionali affini.
      Va riconosciuto il principio di leale concorrenza, a partire da una corretta denominazione, tra figure professionali diverse nelle attività che non sono soggette a riserva esclusiva.
      L'accesso all'esercizio delle professioni intellettuali deve essere in linea di principio libero, senza vincoli di predeterminazione numerica, sulla base dell'esame di Stato.
      Occorre qualificare e diversificare il praticantato, svolto di norma presso un professionista, che deve potersi svolgere anche presso i Paesi dell'Unione europea o altri Stati esteri, gli uffici giudiziari, gli enti locali, le pubbliche amministrazioni, nonché presso studi e strutture professionali di aziende. L'efficacia e la qualità di queste esperienze formative, durante il praticantato, costituiscono un elemento di valutazione al momento dell'esame di Stato, che deve essere riformato sulla base del criterio della verifica dell'effettività del tirocinio.
      Al praticante deve essere riconosciuto un equo compenso commisurato all'effettivo apporto all'attività professionale, risolvendo le attuali ingiustizie derivanti dallo sfruttamento del lavoro dei più giovani.
      L'obiettivo è fornire alle professioni strumenti adeguati di corretta e competitiva prestazione delle attività professionali, mantenendo aperto lo spazio, con regole e limiti in alcune professioni, per l'intervento e la crescita di società, anche di capitali, nel campo delle attività professionali, considerato l'apporto che tali società possono dare al settore in termini finanziari e strutturali. Occorre comunque garantire la salvaguardia dell'indipendenza del professionista, tenuto a prestare l'attività secondo le regole, anche deontologiche, delle professioni, vigilate da Ordini e collegi professionali.
      Anche per le professioni regolamentate occorre stabilire il principio della libera e consensuale determinazione del corrispettivo, prevedendo altresì casi limitati, nei servizi di pubblico interesse, in cui è utile fissare corrispettivi massimi e minimi allo scopo di evitare che possibili pratiche di dumping e di concorrenza sleale producano un abbassamento della qualità dei servizi o costi ingiustificati per il cliente.
      Relativamente a ciò, il Ministro competente deve consultare i rappresentanti degli Ordini e dei collegi professionali e le principali associazioni dei consumatori e degli utenti.
      Occorre altresì aprire alla pubblicità che abbia carattere informativo, con riferimento alle oggettive caratteristiche delle prestazioni offerte e al percorso formativo e professionale nonché alla specializzazione del professionista, senza eccessi di natura commerciale o pratiche di pubblicità negativa e comparativa. Di fondamentale rilievo è la previdenza dei professionisti.
      Da oltre un decennio le Casse di previdenza dei professionisti sono privatizzate in base ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 e al recente decreto legislativo n. 125 del 2005. Tale scelta va assolutamente rispettata. I presidenti e gli associati delle Casse valuteranno in che misura adeguare i contributi per garantire l'equità e la sostenibilità del sistema anche al fine di contribuire a un moderno welfare dei professionisti (in particolare, dei giovani e delle donne).
      È fondamentale confermare il rispetto dell'autonomia finanziaria e gestionale delle Casse privatizzate, come è giusto confermare in linea di principio che lo Stato non interverrà con prelievi forzosi su tali risorse.
      Altro punto di assoluto rilievo è il riconoscimento, in forma europea, delle associazioni delle nuove professioni.
      Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nel V Rapporto di monitoraggio sulle professioni non regolamentate (aprile 2005), ha censito 155 nuove professioni. Si è formato un nuovo mercato del lavoro professionale, con modalità e regole spesso molto diverse da quelle del tradizionale lavoro dipendente o del lavoro indipendente delle professioni ordinistiche. Un mercato
 

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del lavoro che ha grande rilievo economico e sociale e che interessa quotidianamente circa un milione di persone.
      Il riconoscimento delle nuove professioni e delle loro associazioni è perciò urgente sia per ragioni economico-sociali sia per gli adempimenti previsti dalla citata direttiva 2005/36/CE, che il Governo si è impegnato a recepire ben prima del termine previsto del 20 ottobre 2007.
      Nella rinnovata strategia di Lisbona, un aspetto centrale riveste il maggior investimento nel capitale umano tramite un miglioramento dell'istruzione e delle competenze.
      Un processo continuo di formazione e di aggiornamento professionale (life long learning), insieme con la riforma dell'accesso, deve servire ad affermare il principio del merito, a far emergere i talenti professionali, a spezzare circuiti di cooptazione e di rendita di posizione, a favorire l'emergere di giovani capaci e meritevoli.
      Il riconoscimento delle associazioni dovrà avere come scopo sostanziale quello di un'attestazione di qualità nei confronti del cittadino utente sui requisiti di professionalità e di deontologia dell'iscritto alla singola associazione.
      I punti cardinali sono dunque il rilancio della competitività, il quadro europeo, il sistema duale, l'investimento nella formazione e nell'aggiornamento, la valorizzazione dei talenti professionali, specie dei giovani.
      Occorrono perciò non solo riforme legislative, ma anche politiche attive basate sulla concertazione.
      Incentivi e deduzioni fiscali vanno riconosciuti alle organizzazioni professionali che fanno ricerca e alle società di servizi costituite in Cina e nei mercati emergenti.
      Le organizzazioni unitarie delle professioni devono essere un soggetto stabile di consultazione nelle grandi scelte di politica economica del Paese.
      La presente proposta di legge, che è frutto di un intenso confronto con i mondi professionali e con tutte le forze politiche parlamentari, è articolata per princìpi fondamentali, sulla base dell'articolo 117 della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale.
      Le competenze legislative regionali, frutto dell'erronea scelta operata con la riforma costituzionale del titolo V della parte seconda, devono comunque esercitarsi nel rispetto dei princìpi fondamentali posti con legge dello Stato che ha, peraltro, competenza esclusiva in materia di concorrenza.
      Per le stesse premesse richiamate, la presente proposta di legge è aperta al contributo che emergerà dal confronto parlamentare e dalle audizioni dei mondi professionali, nella consapevolezza che la riforma delle professioni costituisce un grande capitolo della modernizzazione dell'Italia.
 

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